L’antica arte della falconeria, profondamente radicata nella cultura degli Emirati Arabi Uniti, ha una storia lunga 4000 anni…
“Yalla!”, grida il primo falconiere, e in una frazione di secondo due ali si dispiegano con vigore verso il cielo per dare inizio all’affascinante danza della caccia.
Il temuto inseguimento sfinisce la preda, costretta a rallentare la sua fuga. Solo allora l’eccellente cacciatore, fulmineo e regale, fende l’aria con il un grido e si lancia in un volo in picchiata per sferrare il colpo letale.
È a questo punto che la maestria del falconiere si manifesta. Terminata la caccia, a chilometri di distanza dal punto in cui ha avuto inizio, il rapace torna a posarsi sul braccio ben saldo del suo proprietario. A richiamare il volatile “alla base” è la fiducia nel suo “Saqqar”, l’addestratore, a cui è legato da un rapporto da pari a pari, in cui non vi è “nessun padrone, nessun servo”, ma che fa perno, invece, su uno scambio.
La falconeria, e prima ancora il rapporto tra l’uomo e il falco, ha origini ancestrali. Poco si sa riguardo il luogo e il momento esatto in cui questa sia nata, ma ciò che è certo è che ha abbracciato nel tempo culture e popolazioni differenti, diffondendosi da oriente a occidente ed evolvendosi di pari passo con lo sviluppo delle società.
Tra gli egizi, l’Occhio di Horus, importantissimo simbolo esoterico legato a prosperità e sovranità, richiamava senza dubbio quello del falco pellegrino. Per i Greci il falco era il messaggero di Apollo, mentre secondo i popoli nordici la dea Freya appariva ovunque desiderasse grazie al suo mantello di piume di falco. Nativi d’America e Polinesiani ne veneravano le capacità, associate alla conoscenza e alla divinazione. Federico II di Svevia ne tramanderà le tecniche di addestramento. Evidenze relative alla falconeria emergono poi anche ai tempi delle civiltà Sumera, Assira e Mongola, presso le quali il falco e l’aquila avevano uno spiccato significato simbolico.
Ma lo sport dei cieli, così come viene definito dalle monarchie petrolifere, affonda più verosimilmente le sue radici nei deserti mediorientali. In passato, i popoli beduini che li abitavano, affidavano il proprio sostentamento alla caccia con l’aiuto dei falchi, rivelatasi fondamentale per la sopravvivenza delle tribù nomadi per più di 4000 anni.
L’arte della falconeria, dunque, acquisisce un elevato valore simbolico negli Emirati Arabi perchè ha permesso agli antichi abitanti di questa terra di prosperare, ma soprattutto di acquisire i valori tutt’oggi rappresentati da questa pratica: coraggio, perseveranza, fermezza e, prima tra tutte, la virtù della pazienza, quella da dedicare all’addestramento del volatile e da mantenere in attesa del suo ritorno al termine di una caccia.
Nelle parole di Sua Altezza, lo sceicco Hamdan bin Zayed Al Nahyan“La falconeria consente ai nostri bambini di godersi l’incantesimo del deserto, infondendo loro le virtù della pazienza e della forza d’animo, della forza di volontà e della compagnia, valori che sono altrettanto importanti oggi come lo sono stati per generazioni”. Gravitano, dunque, attorno alla falconeria i preziosi valori arabi tradizionali così come i suoi legami con la conservazione della natura, il rispetto per gli animali e la fraternità tra falconieri.
Tra gli sport tradizionali più onorati nella cultura araba, la falconeria è stata riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’Umanità nel 2010. Nata come metodo per procurare il cibo, questa pratica fonde arte e sport, custodisce lontane tradizioni, crea un saldo legame tra uomo e animale e dà vita ad un linguaggio unico conosciuto solo dai falchi e dai loro falconieri.

Responsabile Editoriale Dubaitaly, content e copywriter.