Dubai non è l’Eldorado

da Ott 30, 2018Lifestyle

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Molti di noi expat dubaiani “di prima della crisi mondiale del 2008”, che consideriamo la città come un posto come un altro nel quale vivere con alti e bassi, pregi e difetti, ma oramai comunque “casa” almeno finché dura, facciamo davvero fatica a capire l’atteggiamento di alcuni compatrioti rimasti a casa che continuano a vedere questo posto come il magico Eldorado. Ogni giorno nei vari gruppi Facebook o anche nelle caselle di posta personali troviamo messaggi di gente, a volte molto qualificata, a volte molto inesperta al limite dello spiantato, che letteralmente brama Dubai e aspira a venire a viverci come fosse il grande sogno da realizzare nella vita. Quando qualcuno di noi prova con onestà intellettuale nell’ambito delle proprie esperienze dirette a spiegare come stanno le cose, a chi convenga venire e a chi no, quali sono le realtà e quali le leggende metropolitane, le reazioni sono a volte deluse, molto spesso incredule, talvolta scomposte e aggressive.

Ora, sicuramente noi dopo tutti questi anni stentiamo a vedere la magia del luogo che, ripeto, è diventato inevitabilmente la sede del nostro tran-tran quotidiano. Ancor più vero è il fatto che probabilmente in molti “veterani” siamo nella fase calante della parabola che ciclicamente vivono tutti in questa città, e magari tendiamo a evidenziare gli aspetti di rischio per un neofita, dimenticando l’entusiasmo del ragazzo giovane in cerca di avventura e fortuna. Però a leggere le continue richieste di informazioni completamente campate in aria, obiettivamente sorge il dubbio che qualcuno, da qualche parte, stia continuando a rimpallare in giro per i media la nozione che qui si facciano soldi facili, che l’improvvisazione venga sempre premiata, che basti essere Italiani per essere coperti d’oro anche se si ignorano i principi fondamentali della cultura, della società e del mercato locale.

In passato forse c’era più spazio per gli “avventurieri”, che venivano senza arte né parte a reinventarsi un futuro bruciato, per una serie di motivi, in patria (anche se per pochi che ce l’hanno fatta, molti sono tornati alla base con le pive nel sacco). Ma il mito del Paese che ricopre d’oro gli expat soprattutto occidentali era forse vero solo per le figure davvero Senior, coloro che, fatte le ossa e una seria gavetta altrove, venivano qui a elargire il proprio know-how, facendosi pagare profumatamente. Il Paese era virtualmente tax-free, moltissime aree grigie consentivano una notevole, chiamiamola così, flessibilità nel modo di operare, i sistemi di licenze e sponsorizzazioni erano diversi da quelli attuali, solo per citare alcuni aspetti.

Ora le cose stanno cambiando, sia per i corsi e ricorsi delle economie mondiali, sia per meccanismi endogeni, sia per decisioni mirate a far entrare gli Emirati nei giri delle economie “serie”, al di fuori di qualunque sospetto di riciclaggio, finanziamenti oscuri, manovre equivoche. Questi cambiamenti, ben accolti da tutte le persone che vogliono in buona fede il progresso del Paese, hanno avuto un impatto inevitabile nel quotidiano dei residenti. I costi di attività e servizi che prima eravamo abituati a non pagare o quasi sono schizzati (ma per esempio tariffe scolastiche e affitti sono mediamente calati). Molti posti di lavoro hanno visto un turnover in termini di nazionalità e riduzione di stipendi e comunque i pacchetti retributivi sono complessivamente cambiati rispetto al passato, soprattutto in termini di benefit extra.

Alcuni la vedono come una forma di recessione, altri come un transitorio che ci porterà a una fase, a lungo attesa, di economia reale: comunque lo si chiami oggi più che mai il mito dell’Eldorado dove chiunque può fare fortuna dal niente è falso. Perché ci teniamo tanto a dirlo, a rischio di apparire come menagramo nel migliore dei casi, o nel peggiore come meschini egoisti che non vogliono condividere la propria fortuna con i connazionali, anche a scapito della possibilità di inciampare nei meandri delle leggi anti-calunnia che formano un cappello dalla tesa molto larga qui? È semplice. Perché non ci piace l’idea che la gente venga gabbata sulla base di un sogno di vita migliore, soprattutto ora che in casa nostra le cose non appaiono tanto rosee. Non ci piace, da Italiani che tempo addietro scelsero la via NON FACILE di lasciare il proprio Paese, vedere altri Italiani cercare di approfittare della disperazione o dell’ingenuità altrui.

Perché, come mi diceva giustamente oggi un conoscente, magari c’è gente che si brucia i risparmi di una vita facendo scelte sulla base di consigli e informazioni volutamente di parte. Non diciamo di non venire qui: ogni esperienza è buona e valida, da cosa nasce cosa e non si sa mai a cosa può portare la vita. Ma se decidete di venire qui, veniteci a occhi ben aperti e con la consapevolezza che questo è un posto vero, per certi aspetti difficile da vivere, al quale è necessario accostarsi con umiltà e voglia di capire e conoscere, rispettandone regole e meccanismi, e non da considerare semplicemente la gallina dalle uova d’oro da spremere, come purtroppo in troppi hanno fatto sinora.

È un posto che accoglie a braccia aperte, ma che non esita a ributtar via a calci nel sedere chi non sa come muoversi (ed è inutile poi parlarne male per reazione, come fanno molti). E se qualcuno che sta qui da tanto tempo vi offre dei consigli, ascoltateli. Vanno sicuramente filtrati, ma ricordate sempre la regola di base: se una cosa è troppo bella per essere vera, molto probabilmente non è vera.

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