Alessandro Maniero, il “sindaco” di Dubai

da Dic 3, 2020Italian Stories

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Lo chiamano “il sindaco”, non c’è italiano a Dubai che non lo conosca, oltre al suo lavoro ha dato vita a un numero di progetti incalcolabili, tra cui una squadra di basket tutta italiana, una serie di appuntamenti culinari rivolti alla nostra comunità, uno dei primissimi e più seguiti gruppi facebook di connazionali negli Emirati Arabi e la seconda edizione di Dubaitaly.

Alessandro Maniero è a Dubai dal 2005, professione artigiano specializzato in decorazioni pittoriche. Lo avevano chiamato per dei lavori nelle ville di alcuni privati, dove si è fatto notare al punto che, l’anno successivo, lo hanno chiamato nuovamente, questa volta come responsabile delle decorazioni dell’Armani Hotel, all’interno del “Burj Khalifa” (che, allora, si chiamava “Burj Dubai”).  

Alessandro, perché hai deciso di restare a Dubai?

Perché ho capito che questa città poteva essere quella della svolta: allora, chiunque avesse creatività, competenza, determinazione, intelligenza e spirito imprenditoriale poteva avere la possibilità di crearsi una nuova vita professionale.

Quali sono state le sfide che hai dovuto affrontare?   

Alessandro Maniero

La vera sfida è stata quella di affrontare un impegno professionale così diverso, per di più in una lingua che non conoscevo: allora, in inglese, sapevo mettere sì e no insieme una frase di senso compiuto! Basti pensare alla disorganizzazione generale, che quindici anni fa era ancora più evidente di oggi; la bassa qualità della manovalanza e delle finiture, l’approssimazione a cui pareva che tutti fossero abituati e al fatto che i clienti si aspettassero un lavoro di qualità ad un prezzo che non ne avrebbe neanche coperto i soli costi. 

Anche il reperimento dei materiali è stata un’avventura: perché, se tutti avevano tutto, o così raccontavano, la qualità era medio scarsa!

Oggi è molto diverso, perché la domanda di prodotti pregiati è aumentata e di conseguenza le aziende più serie si sono adeguate, importandoli e vendendoli a costi ragionevoli.

Essere completamente soli poi, dal punto di vista umano è un vantaggio perché non devi rendere conto a nessuno e puoi organizzarti come meglio credi, ma da quello imprenditoriale è uno svantaggio, perché lavorare con dei collaboratori appena incontrati non sarà mai come farlo con i tuoi genitori, con i tuoi figli o con persone che conosci da sempre e con le quali hai instaurato un rapporto di fiducia da anni.

Dubai, tra l’altro, non è certo la più facile delle realtà per un piccolo imprenditore: se da un lato un caffè, un incontro casuale, un sorriso, ti possono aprire porte e condurre a possibilità insperate, dall’altra le “fregature” sono dietro l’angolo! Ci sono stati periodi in cui non sono stato pagato, non avevo un soldo in tasca, ho dormito su un divano… ho subìto inganni e investito in progetti sbagliati, ma mi piace credere che tutto questo faccia parte di un percorso di crescita personale e professionale per diventare migliore.

Nella vita continuerò a sbagliare, ma almeno sbaglierò meglio!

 Quali sono state le tue maggiori soddisfazioni?

Mah… direi che essere a Dubai da quindici anni senza essere mai stato costretto a scappare è una soddisfazione non indifferente!

Cosa ami, particolarmente, di Dubai?

La libertà di scegliere se volare o camminare con i piedi per terra, il fatto di avere deserto, mare e cielo a disposizione, l’opportunità di conoscere ogni giorno gente diversa, stramba e, perché no, interessante!

A cosa devi il tuo successo?

La perseveranza, errori dai cui ho imparato, onestà e buon gusto.

Cosa consiglieresti a un giovane che volesse venire a Dubai a fare il tuo lavoro?

Il mercato negli Emirati è molto cambiato in questi anni: è diventato molto selettivo, dando pochissimo spazio a persone inesperte, che non parlano inglese, con poca capacità imprenditoriale e scarse possibilità economiche. 

Invito comunque i giovani con buona autostima, passione e intraprendenza a venire qui, toccare con mano e capire se questa può essere la loro nuova terra. 

A tutti dico di venire, ma allo stesso tempo ricordo che questo non è un posto per tutti.

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